Dal 26 settembre 2025 calerà definitivamente il sipario su uno degli strumenti più popolari per valorizzare l’energia prodotta da Addio allo Scambio sul Posto: cosa cambia per il fotovoltaico e quali sono le alternative

Dal 26 settembre 2025 calerà definitivamente il sipario su uno degli strumenti più popolari per valorizzare l’energia prodotta da impianti fotovoltaici: lo Scambio sul Posto (SSP). Il GSE ha ufficializzato la data limite per la presentazione delle nuove richieste di accesso al meccanismo, che sarà valida solo per impianti entrati in esercizio entro il 29 maggio 2025.

Ma cosa comporta davvero la fine dello Scambio sul Posto per famiglie, imprese e pubbliche amministrazioni? E quali opportunità si aprono in questo nuovo scenario?

Cos’è lo Scambio sul Posto

Lo Scambio sul Posto è stato per anni il pilastro dell’autoconsumo in Italia. Si tratta di un meccanismo che permette di compensare l’energia elettrica prodotta e immessa in rete con quella prelevata in un secondo momento. In sostanza, chi produce più energia di quella che consuma istantaneamente può “depositarla” in rete e “ritirarla” quando ne ha bisogno, sfruttando la rete come una batteria virtuale.

Tuttavia, con l’elevato aumento della generazione distribuita da fotovoltaico, soprattutto nelle ore centrali della giornata, la rete elettrica si è trovata a gestire flussi di energia sempre più imprevedibili e difficili da bilanciare. Ecco perché si è deciso di superare gradualmente il SSP, favorendo modelli di autoconsumo più efficienti e sostenibili.

Cosa succede adesso

Dal 1° gennaio 2025, chi ha un contratto di Scambio sul Posto scaduto, ad esempio stipulato più di 15 anni fa, è già passato automaticamente al Ritiro Dedicato (RID), un meccanismo alternativo che prevede la vendita dell’energia immessa in rete al GSE, con un prezzo stabilito.

Per tutti gli altri, lo SSP continuerà fino alla naturale scadenza del contratto, ma non sarà più possibile attivare nuovi accordi SSP dopo il 26 settembre 2025.

Le alternative: Ritiro Dedicato e Comunità Energetiche

🔄 Ritiro Dedicato

Chi installa un nuovo impianto dopo il 29 maggio 2025 potrà sottoscrivere un contratto di Ritiro Dedicato. In questo caso, l’energia in eccesso viene ceduta al GSE, che la remunera secondo:

  • un Prezzo Minimo Garantito (PMG) – attualmente 4,64 €/kWh per il fotovoltaico;
  • oppure il Prezzo Zonale Orario (PO), che varia in base all’orario e alla zona geografica.

Il contratto RID ha una durata annuale, rinnovabile tacitamente.

☀️ Autoconsumo con sistemi di accumulo

Un’altra strada è quella di massimizzare l’autoconsumo, installando sistemi di accumulo (batterie) che permettono di conservare l’energia prodotta in eccesso e utilizzarla quando serve, evitando così di cederla in rete a prezzi meno convenienti.

🤝 Comunità Energetiche Rinnovabili (CER)

La vera grande opportunità, però, è rappresentata dalle Comunità Energetiche Rinnovabili.

Attraverso le CER, cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni possono condividere l’energia prodotta localmente e accedere a incentivi dedicati per l’autoconsumo condiviso. In particolare, le nuove misure del PNRR sostengono fortemente queste configurazioni, soprattutto nei Comuni con meno di 5.000 abitanti.

Le CER rappresentano la forma più evoluta e collaborativa di gestione dell’energia, in cui ogni membro può contribuire alla produzione e trarne beneficio, generando risparmi economici, vantaggi ambientali e maggiore indipendenza energetica.

Il ruolo di Creta Energie Speciali

In questo nuovo scenario, Creta Energie Speciali supporta amministrazioni comunali, cittadini e imprese nel passaggio verso modelli più moderni e sostenibili:

✅ Analisi di fattibilità
✅ Progettazione di impianti con accumulo e sistemi di monitoraggio
✅ Costituzione e gestione di Comunità Energetiche
✅ Supporto nella migrazione da SSP a RID

Il superamento dello Scambio sul Posto non è una perdita, ma un’evoluzione. È l’occasione per ripensare la produzione e la gestione dell’energia in chiave smart, locale e condivisa.

È stato ufficialmente pubblicato il Decreto Ministeriale del 28 febbraio 2025 (DM 59/2025) che aggiorna e proroga la misura di sostegno del PNRR destinata alle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) e ai Sistemi di Autoconsumo Collettivo nei Comuni con meno di 5.000 abitanti.

Una notizia attesa e di enorme importanza per tutte le realtà locali che desiderano intraprendere un percorso verso l’autosufficienza energetica, riducendo la dipendenza dai combustibili fossili e costruendo una rete energetica più equa e sostenibile.


A chi è rivolta la misura

I beneficiari del decreto, in attuazione dell’art. 14, comma 1, lettera e) del D.lgs. 199/2021, sono:

  • le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER),
  • i Sistemi di Autoconsumo Collettivo da Fonti Rinnovabili,

purché ubicati in Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.

Si tratta quindi di una misura pensata per favorire le aree interne e i piccoli centri, spesso esclusi dai grandi investimenti energetici, ma che rappresentano un terreno fertile per iniziative dal basso.


Perché è un’opportunità da cogliere ora

Questa misura rappresenta una leva concreta per accelerare la transizione energetica nei piccoli Comuni italiani, che spesso affrontano maggiori difficoltà nel reperire risorse e competenze per progetti di questo tipo.

Le CER non solo permettono di abbattere il costo della bolletta energetica per famiglie e imprese, ma favoriscono anche la coesione sociale, la valorizzazione delle risorse locali e la creazione di nuove opportunità occupazionali.


Il ruolo di CretaES

Il nostro team supporta i Comuni e i cittadini in tutte le fasi:

  • dallo studio di fattibilità alla progettazione tecnica,
  • dalla costituzione della CER alla gestione operativa e al monitoraggio continuo.

Abbiamo già accompagnato decine di comunità locali nel percorso verso l’autonomia energetica e siamo pronti a mettere la nostra esperienza al servizio di chi vorrà cogliere questa nuova opportunità.


🔋 Vuoi saperne di più o attivare una CER nel tuo Comune?
Contattaci e inizia con noi un percorso di energia condivisa, sostenibile e resiliente.

L’Italia si trova ad affrontare una delle sfide più grandi della sua storia: la crisi climatica. Ondate di calore sempre più intense, alluvioni, siccità e incendi stanno mettendo a dura prova il nostro Paese, evidenziando la necessità di una risposta immediata e strutturata. Per far fronte a questa emergenza, Minds for One Health, con il supporto di ISDE Italia – Associazione Medici per l’Ambiente, ha presentato un documento chiave: “Adattamento e Mitigazione: Azioni urgenti per far fronte agli eventi estremi da crisi climatica”. Questo testo, inviato alle istituzioni politiche e scientifiche nazionali, fornisce una roadmap chiara per affrontare il cambiamento climatico, con particolare attenzione alla salute pubblica e alla sicurezza del territorio.

Un Piano d’Azione per la Resilienza Climatica

L’Italia, posizionata nel cuore del Mediterraneo, è una delle aree più vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico. Gli scienziati sottolineano l’urgenza di un approccio integrato che unisca adattamento e mitigazione per ridurre i rischi e migliorare la sostenibilità del sistema Paese. Le azioni prioritarie individuate nel documento includono:

  • Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC): Attuazione immediata di un piano basato su dati scientifici, che renda le città e le infrastrutture più resilienti agli eventi estremi.
  • Riduzione del consumo di suolo e sicurezza del territorio: Stop alla cementificazione incontrollata e riqualificazione delle aree urbane e montane per prevenire dissesti idrogeologici.
  • Decarbonizzazione accelerata: Riduzione della domanda energetica e transizione verso le fonti rinnovabili, con particolare attenzione alla tutela del paesaggio e della biodiversità.
  • Educazione e sensibilizzazione: Campagne informative e percorsi educativi per preparare la popolazione a gestire gli impatti del cambiamento climatico.
  • Rafforzamento della protezione civile: Implementazione di modelli di gestione del rischio ispirati alle migliori pratiche internazionali, con sistemi di allerta e intervento tempestivi.

Un Messaggio Chiaro: Il Tempo per Agire è Ora

Maria Grazia Petronio, vicepresidente di ISDE Italia e coordinatrice di Minds for One Health, sottolinea l’importanza di non limitarsi più a rispondere alle emergenze, ma di costruire un sistema resiliente capace di prevenire e mitigare gli impatti climatici.

Non possiamo più permetterci di agire solo dopo i disastri. Serve un cambiamento sistemico, un piano strategico che protegga le persone e il territorio. Il nostro documento offre alle istituzioni un quadro chiaro per prendere decisioni efficaci. Il tempo per agire è adesso.

Un Appello alle Istituzioni: La Crisi Climatica è un Problema di Tutti

Il documento rappresenta un appello diretto affinché le politiche di adattamento e mitigazione diventino una priorità nazionale. La scienza ha già dimostrato che agire ora significa ridurre i costi futuri in termini di vite umane, danni economici e sociali. Ignorare questa emergenza equivale a esporre il nostro Paese a rischi sempre maggiori.

La transizione ecologica non è solo una questione ambientale, ma una sfida che coinvolge tutti: cittadini, aziende, amministrazioni locali e governo centrale. Implementare queste strategie può garantire un futuro più sicuro e sostenibile per le prossime generazioni.

La crisi climatica non aspetta: è il momento di trasformare le parole in azioni concrete.

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Si è tenuto sabato con grande successo l’evento organizzato dal Rotary Club Distretto 2102 presso la Sala delle Culture del Palazzo della Provincia di Catanzaro, un’importante occasione di confronto sulle Comunità Energetiche Rinnovabili e il loro ruolo nella transizione energetica.

💡 Esperti e istituzioni si sono alternati sul palco per discutere di come i cittadini possano diventare protagonisti del cambiamento, gestendo in modo innovativo l’energia rinnovabile e promuovendo l’autoconsumo collettivo.

🔹 Interventi di alto livello con la partecipazione di: ✅ Daniele Menniti – UNICAL, sulle Comunità Energetiche Rinnovabili; ✅ Marco Bussone – Presidente UNCEM, su green communities e territori; ✅ Francesco Fontana – ENEL X Italia, sulla condivisione dell’energia; ✅ Giovanni Caridi – Banca Montepaone, sulle possibilità di finanziamento per le CER.

🗣️ Inoltre, abbiamo ascoltato le testimonianze di amministratori locali che stanno già investendo nelle Comunità Energetiche per uno sviluppo sostenibile.

Grazie a tutti i partecipanti, ai relatori e agli organizzatori per questa giornata di condivisione e ispirazione! 🌍⚡

📸 Guarda le foto dell’evento! 👇👇

L’auto elettrica e il dilemma delle batterie

L’avvento dell’auto elettrica è stato celebrato come una rivoluzione per la mobilità sostenibile, ma porta con sé una serie di domande che vanno oltre le semplici emissioni di CO₂. Al centro del dibattito troviamo il cobalto, un metallo essenziale nelle batterie, la cui estrazione solleva preoccupazioni di carattere ambientale, sociale ed economico.

Nel corso dell’intervista a Geo, il professor Nicola Armaroli ci aiuta a fare chiarezza su questo materiale prezioso: da dove proviene, come viene estratto e quali sono le possibili alternative?

Da Edison a oggi: il percorso dell’auto elettrica

Non è una novità che il futuro dell’automobile possa essere elettrico. Già Thomas Edison, nel 1895, cercava di convincere Henry Ford dell’importanza dei motori elettrici per il trasporto urbano. Ma mentre la storia ha preso una strada diversa a causa di limiti tecnologici e interessi economici, oggi il mondo sembra tornare su quella visione.

L’industria automobilistica è in piena trasformazione: dalle nuove tecnologie di accumulo energetico alla geopolitica delle materie prime, fino all’impatto sull’occupazione e sulla produzione industriale. Tuttavia, la produzione delle batterie ha un costo, e non solo economico.

Il cobalto: un “intruso” essenziale

Contrariamente a quanto si possa pensare, non esistono miniere di cobalto. Questo metallo viene estratto come sottoprodotto nelle miniere di rame e nickel, dove si trova in concentrazioni variabili. Oggi, circa il 70% del cobalto mondiale proviene dalla Repubblica Democratica del Congo, un paese caratterizzato da instabilità politica, sfruttamento del lavoro e forti disuguaglianze.

Secondo Armaroli, l’80% dell’estrazione avviene in modo industrializzato, con impianti moderni e condizioni di lavoro accettabili. Tuttavia, il restante 20% è frutto di estrazioni artigianali, spesso realizzate in condizioni drammatiche da lavoratori poveri, donne e anche bambini.

Il cobalto è stato spesso demonizzato per via delle sue condizioni di estrazione, ma il problema non riguarda solo le auto elettriche:

  • Circa 40% del cobalto viene utilizzato nelle batterie, ma solo una parte va alle auto elettriche.
  • 30% finisce in dispositivi elettronici come smartphone, laptop e aspirapolvere.
  • Il restante viene impiegato in settori industriali strategici, come la metallurgia, le leghe per turbine aeree e persino la medicina (radioterapia e sterilizzazione di strumenti chirurgici).

La rivoluzione delle batterie: addio cobalto?

Una delle notizie più importanti emerse nell’intervista è che le batterie stanno già evolvendo per ridurre la dipendenza dal cobalto.

Oggi, il 40% delle nuove batterie per auto elettriche utilizza la tecnologia litio-ferro-fosfato (LFP), che non contiene cobalto. Questa tendenza è destinata ad aumentare, riducendo progressivamente il fabbisogno di questa risorsa e diminuendo l’impatto etico ed ecologico della sua estrazione.

Il lato oscuro della transizione ecologica

Il problema del cobalto, però, non è un caso isolato. L’intero settore delle materie prime soffre di dinamiche simili: l’estrazione dell’oro, del nickel e delle terre rare segue percorsi altrettanto controversi. L’industria elettronica e dei gioielli hanno spesso ignorato il problema della provenienza dei materiali, lasciando che il peso dello sfruttamento ricadesse su paesi poveri e instabili.

Le grandi aziende cercano di certificare la provenienza dei minerali, ma spesso il sistema non è trasparente. Il cobalto estratto illegalmente viene infatti introdotto nei circuiti legali tramite contrabbando e sistemi poco tracciabili, rendendo difficile distinguere i materiali eticamente estratti da quelli frutto di sfruttamento.

Soluzioni possibili: tra certificazione e riciclo

Per rendere più sostenibile l’estrazione dei minerali, il professor Armaroli suggerisce tre strategie principali:

  1. Migliorare la certificazione della filiera, con passaporti digitali che traccino l’origine del materiale.
  2. Incentivare il riciclo dei materiali, sfruttando il cobalto già esistente nei dispositivi elettronici e nelle batterie usate.
  3. Promuovere l’estrazione sostenibile in Europa, riducendo la dipendenza da paesi con scarsa regolamentazione ambientale e sociale.

Un futuro più responsabile

La transizione ecologica è un obiettivo imprescindibile, ma non possiamo ignorare i suoi effetti collaterali. L’auto elettrica è solo una parte del problema: dobbiamo ripensare i consumi e l’intero sistema produttivo, affinché la sostenibilità non sia solo un concetto legato alle emissioni, ma anche ai diritti umani, al rispetto dell’ambiente e all’equità economica.

Come sottolinea il professor Armaroli, la vera sfida sarà trovare un equilibrio tra innovazione e responsabilità, perché il futuro dell’energia e della mobilità non può prescindere dalla giustizia sociale.


🎧 Puoi rivedere l’intero episodio su RaiPlay a questo link:
🔗 Nicola Armaroli – Le risorse della Terra: cobalto – Geo – 13/01/2025

Un’analisi critica dalla presentazione di Nicola Armaroli alla Camera dei Deputati

Il 4 febbraio 2025, Nicola Armaroli del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) ha presentato alle Commissioni Ambiente e Attività Produttive della Camera dei Deputati un’analisi approfondita sulle prospettive del nucleare in Italia. L’intervento ha messo in evidenza le criticità del piano governativo per il ritorno dell’energia nucleare, con un focus particolare sulle problematiche economiche, tecnologiche e geopolitiche.


Il Contesto: Un’Italia alla ricerca della sicurezza energetica

L’attuale dibattito sul nucleare nasce dalla volontà del governo di diversificare le fonti di approvvigionamento energetico, ridurre la dipendenza dall’estero e garantire una produzione stabile di energia a basse emissioni. In particolare, il Disegno di Legge sul “Nucleare Sostenibile” propone di investire in piccoli reattori modulari (SMR) e, nel lungo termine, nella fusione nucleare. Tuttavia, come sottolineato da Armaroli, queste tecnologie non esistono ancora su scala commerciale e presentano numerose incognite.


I punti chiave della presentazione

1. Non c’è stato un “Rinascimento Nucleare”

Nel 1996, il nucleare rappresentava il 17,2% della produzione elettrica mondiale; oggi questa quota è scesa al 9,2%. In Europa, la Francia – storicamente il paese più dipendente dal nucleare – sta affrontando una spirale di costi e ritardi nelle nuove installazioni, mentre la Cina e la Russia dominano il mercato dei nuovi reattori.

2. L’Italia non possiede né il combustibile né le tecnologie nucleari

Secondo Armaroli, l’Italia si troverebbe a dipendere da fornitori esteri per la tecnologia e il combustibile nucleare, in particolare Russia e Cina, che attualmente dominano il settore. Inoltre, l’uranio – necessario per alimentare i reattori – ha visto un aumento del prezzo del 137% tra il 2021 e il 2025, rendendo l’energia nucleare sempre meno competitiva.

3. Il problema della localizzazione

Uno dei principali ostacoli al ritorno del nucleare in Italia è la scelta dei siti idonei. Il 95% del territorio nazionale è a rischio idrogeologico, sismico o paesaggistico, rendendo difficile la costruzione di nuove centrali senza impatti significativi sulla sicurezza e sull’ambiente.

4. Il confronto con le rinnovabili: una sfida persa in partenza?

Nel 2024, per ogni nuova unità di energia nucleare immessa in rete a livello globale, sono stati immessi 60 unità di energia da fonti rinnovabili come il solare e l’eolico. Il costo delle rinnovabili continua a diminuire, mentre il nucleare è caratterizzato da costi elevati e tempi di realizzazione molto lunghi. Entro il 2040, l’Italia dovrebbe avere oltre 200 GW di capacità rinnovabile installata, rendendo economicamente insostenibile il funzionamento di reattori nucleari che non potrebbero operare a pieno regime per gran parte dell’anno.

5. Un investimento rischioso e incerto

Il piano del governo prevede di installare 120 piccoli reattori modulari (SMR) per una capacità complessiva di 12 GW. Tuttavia, come evidenziato nella presentazione, queste tecnologie non sono ancora mature e non esiste un quadro normativo chiaro per la loro implementazione. Investire oggi nel nucleare significa scommettere su una tecnologia che potrebbe non essere mai competitiva rispetto alle alternative già consolidate.


Conclusioni: Quale futuro per l’Italia?

L’analisi di Nicola Armaroli suggerisce che il ritorno al nucleare in Italia sia una strada irta di ostacoli e incognite. Mentre le energie rinnovabili continuano a crescere e a diventare più accessibili, l’investimento in una tecnologia costosa e ancora in fase di sviluppo potrebbe rivelarsi un passo falso. La transizione energetica è già in atto, ma il futuro sembra essere sempre più orientato verso le rinnovabili, l’accumulo energetico e le reti intelligenti, piuttosto che verso un nucleare incerto e difficile da realizzare.

L’Italia si trova di fronte a una scelta cruciale: inseguire un sogno nucleare dai contorni sfumati o accelerare la decarbonizzazione puntando su soluzioni già disponibili e sostenibili. La strada da percorrere è ancora aperta, ma i dati suggeriscono che il nucleare potrebbe non essere la risposta che stiamo cercando.

📌 Per chi desidera approfondire l’argomento, di seguito trovate le slide utilizzate da Nicola Armaroli durante la presentazione. 📌

Armaroli-nucleare

L’idrogeno è da tempo al centro del dibattito sulla transizione energetica. Considerato un vettore energetico chiave per la decarbonizzazione, il suo impiego potrebbe rappresentare una soluzione strategica per settori difficili da elettrificare (i cosiddetti hard-to-abate). Tuttavia, esistono ancora molte sfide da superare, soprattutto in termini di efficienza e costi.

Idrogeno come Sistema di Accumulo

Uno degli utilizzi più promettenti dell’idrogeno riguarda l’accumulo di energia rinnovabile. Le fonti energetiche come il solare e l’eolico sono per natura intermittenti e non sempre producono energia quando c’è domanda. L’idrogeno può fungere da buffer, permettendo di stoccare l’energia in eccesso e rilasciarla nei momenti di minore produzione. Tuttavia, l’attuale efficienza complessiva del ciclo di conversione (elettrolisi, stoccaggio e riconversione in elettricità) si attesta intorno al 40%, un valore ancora poco competitivo rispetto ad altre soluzioni di accumulo.

Le Tecnologie di Produzione dell’Idrogeno

I processi di produzione dell’idrogeno si suddividono in quattro principali categorie:

  1. Processi termici – estrazione di idrogeno da combustibili fossili (come il reforming del metano).
  2. Processi biologici – sfruttano microrganismi per produrre idrogeno da biomasse.
  3. Processi elettrolitici – utilizzano energia elettrica (preferibilmente da fonti rinnovabili) per scindere l’acqua in idrogeno e ossigeno.
  4. Processi sinergici – combinano più tecnologie per massimizzare l’efficienza.

Tra queste, l’elettrolisi dell’acqua è la strada più promettente per la produzione di idrogeno verde, ma il consumo di energia è ancora elevato.

Dove Può Essere Utilizzato l’Idrogeno?

Le prospettive di utilizzo futuro dell’idrogeno coprono diversi settori, anche se con potenzialità e limiti differenti:

  • Settore industriale: già oggi l’idrogeno è impiegato nei processi di raffinazione e nella produzione di ammoniaca, con un potenziale crescente per la decarbonizzazione di altri settori manifatturieri.
  • Trasporti: l’idrogeno potrebbe giocare un ruolo nel trasporto pesante e nell’aviazione, ma i costi elevati e la bassa efficienza rispetto alle batterie elettriche lo rendono meno competitivo per il trasporto leggero.
  • Rete elettrica: potrebbe supportare la stabilizzazione delle reti rinnovabili, fungendo da accumulo di lungo periodo, ma al momento i costi sono ancora elevati.

Idrogeno Sì, Idrogeno No?

L’idrogeno è un pilastro delle politiche europee di decarbonizzazione, ma il suo sviluppo deve affrontare ancora molte sfide tecnologiche ed economiche. Mentre in alcuni settori il suo utilizzo è già consolidato, in altri è ancora troppo costoso e immaturo per una diffusione su larga scala. Il futuro dell’idrogeno dipenderà dalle innovazioni tecnologiche e dai finanziamenti pubblici e privati che ne favoriranno la competitività.

CretaES continuerà a seguire da vicino l’evoluzione delle tecnologie energetiche per un futuro più sostenibile. Resta aggiornato con noi! 🚀⚡

Per approfondire il tema: https://www.rse-web.it/news/il-nuovo-numero-degli-ape-appunti-di-energia-e-dedicato-allidrogeno/

Negli ultimi anni, il cambiamento climatico, l’aumento dei costi energetici e la crescente povertà energetica hanno messo in evidenza l’urgenza di trasformare i nostri sistemi energetici. La transizione energetica non è più un’opzione, ma una necessità. In questo contesto, le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) stanno emergendo come una soluzione innovativa e inclusiva, capace di affrontare queste sfide coinvolgendo direttamente i cittadini.

Le CER rappresentano un modello di aggregazione volontaria, in cui i membri – cittadini, imprese ed enti locali – collaborano per produrre, consumare e condividere energia rinnovabile. Queste comunità si basano su principi di solidarietà e partecipazione, promuovendo l’uso di fonti energetiche rinnovabili come il fotovoltaico e l’eolico. Grazie al coinvolgimento diretto dei cittadini, le CER favoriscono la riduzione delle emissioni di CO2, il risparmio energetico e una maggiore consapevolezza sull’uso responsabile dell’energia.

I vantaggi delle CER sono molteplici:

  • Riduzione dei costi energetici: Attraverso la produzione e il consumo di energia “a chilometro zero”, si riducono i costi di trasporto e distribuzione.
  • Sostenibilità ambientale: L’adozione di fonti rinnovabili aiuta a contrastare l’impatto del cambiamento climatico e riduce la dipendenza da fonti fossili.
  • Benefici sociali ed economici: Le CER rafforzano il senso di comunità, migliorano la qualità della vita e generano opportunità economiche per il territorio.

Oltre alla produzione e al consumo di energia, le CER possono operare anche come gruppi d’acquisto, sfruttando la loro forza aggregativa per negoziare condizioni vantaggiose con fornitori di tecnologia, istituti di credito e fornitori energetici. Inoltre, la possibilità di aggregare più CER in consorzi amplia le opportunità di innovazione e competitività, offrendo soluzioni ancora più efficaci per bilanciare la domanda e l’offerta di energia.

Un Modello di Transizione Inclusiva
Le CER non sono solo un’opportunità tecnologica, ma un vero e proprio strumento di inclusione sociale. Coinvolgendo i cittadini nella gestione delle risorse energetiche, permettono di superare le barriere legate all’accettabilità sociale di impianti di grandi dimensioni e di valorizzare le risorse locali, come i tetti delle abitazioni o le aree incolte, per la produzione di energia rinnovabile. Questo modello consente una transizione energetica più equa e partecipata, in cui tutti possono beneficiare dei vantaggi economici e ambientali.

La transizione verso un sistema energetico sostenibile richiede l’impegno di tutti, e le Comunità Energetiche Rinnovabili rappresentano una risposta concreta e innovativa alle sfide del nostro tempo. Diventare attori del cambiamento è possibile: con le CER, possiamo costruire insieme un futuro più verde, sostenibile e solidale.

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