L’auto elettrica e il dilemma delle batterie

L’avvento dell’auto elettrica è stato celebrato come una rivoluzione per la mobilità sostenibile, ma porta con sé una serie di domande che vanno oltre le semplici emissioni di CO₂. Al centro del dibattito troviamo il cobalto, un metallo essenziale nelle batterie, la cui estrazione solleva preoccupazioni di carattere ambientale, sociale ed economico.

Nel corso dell’intervista a Geo, il professor Nicola Armaroli ci aiuta a fare chiarezza su questo materiale prezioso: da dove proviene, come viene estratto e quali sono le possibili alternative?

Da Edison a oggi: il percorso dell’auto elettrica

Non è una novità che il futuro dell’automobile possa essere elettrico. Già Thomas Edison, nel 1895, cercava di convincere Henry Ford dell’importanza dei motori elettrici per il trasporto urbano. Ma mentre la storia ha preso una strada diversa a causa di limiti tecnologici e interessi economici, oggi il mondo sembra tornare su quella visione.

L’industria automobilistica è in piena trasformazione: dalle nuove tecnologie di accumulo energetico alla geopolitica delle materie prime, fino all’impatto sull’occupazione e sulla produzione industriale. Tuttavia, la produzione delle batterie ha un costo, e non solo economico.

Il cobalto: un “intruso” essenziale

Contrariamente a quanto si possa pensare, non esistono miniere di cobalto. Questo metallo viene estratto come sottoprodotto nelle miniere di rame e nickel, dove si trova in concentrazioni variabili. Oggi, circa il 70% del cobalto mondiale proviene dalla Repubblica Democratica del Congo, un paese caratterizzato da instabilità politica, sfruttamento del lavoro e forti disuguaglianze.

Secondo Armaroli, l’80% dell’estrazione avviene in modo industrializzato, con impianti moderni e condizioni di lavoro accettabili. Tuttavia, il restante 20% è frutto di estrazioni artigianali, spesso realizzate in condizioni drammatiche da lavoratori poveri, donne e anche bambini.

Il cobalto è stato spesso demonizzato per via delle sue condizioni di estrazione, ma il problema non riguarda solo le auto elettriche:

  • Circa 40% del cobalto viene utilizzato nelle batterie, ma solo una parte va alle auto elettriche.
  • 30% finisce in dispositivi elettronici come smartphone, laptop e aspirapolvere.
  • Il restante viene impiegato in settori industriali strategici, come la metallurgia, le leghe per turbine aeree e persino la medicina (radioterapia e sterilizzazione di strumenti chirurgici).

La rivoluzione delle batterie: addio cobalto?

Una delle notizie più importanti emerse nell’intervista è che le batterie stanno già evolvendo per ridurre la dipendenza dal cobalto.

Oggi, il 40% delle nuove batterie per auto elettriche utilizza la tecnologia litio-ferro-fosfato (LFP), che non contiene cobalto. Questa tendenza è destinata ad aumentare, riducendo progressivamente il fabbisogno di questa risorsa e diminuendo l’impatto etico ed ecologico della sua estrazione.

Il lato oscuro della transizione ecologica

Il problema del cobalto, però, non è un caso isolato. L’intero settore delle materie prime soffre di dinamiche simili: l’estrazione dell’oro, del nickel e delle terre rare segue percorsi altrettanto controversi. L’industria elettronica e dei gioielli hanno spesso ignorato il problema della provenienza dei materiali, lasciando che il peso dello sfruttamento ricadesse su paesi poveri e instabili.

Le grandi aziende cercano di certificare la provenienza dei minerali, ma spesso il sistema non è trasparente. Il cobalto estratto illegalmente viene infatti introdotto nei circuiti legali tramite contrabbando e sistemi poco tracciabili, rendendo difficile distinguere i materiali eticamente estratti da quelli frutto di sfruttamento.

Soluzioni possibili: tra certificazione e riciclo

Per rendere più sostenibile l’estrazione dei minerali, il professor Armaroli suggerisce tre strategie principali:

  1. Migliorare la certificazione della filiera, con passaporti digitali che traccino l’origine del materiale.
  2. Incentivare il riciclo dei materiali, sfruttando il cobalto già esistente nei dispositivi elettronici e nelle batterie usate.
  3. Promuovere l’estrazione sostenibile in Europa, riducendo la dipendenza da paesi con scarsa regolamentazione ambientale e sociale.

Un futuro più responsabile

La transizione ecologica è un obiettivo imprescindibile, ma non possiamo ignorare i suoi effetti collaterali. L’auto elettrica è solo una parte del problema: dobbiamo ripensare i consumi e l’intero sistema produttivo, affinché la sostenibilità non sia solo un concetto legato alle emissioni, ma anche ai diritti umani, al rispetto dell’ambiente e all’equità economica.

Come sottolinea il professor Armaroli, la vera sfida sarà trovare un equilibrio tra innovazione e responsabilità, perché il futuro dell’energia e della mobilità non può prescindere dalla giustizia sociale.


🎧 Puoi rivedere l’intero episodio su RaiPlay a questo link:
🔗 Nicola Armaroli – Le risorse della Terra: cobalto – Geo – 13/01/2025

Un’analisi critica dalla presentazione di Nicola Armaroli alla Camera dei Deputati

Il 4 febbraio 2025, Nicola Armaroli del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) ha presentato alle Commissioni Ambiente e Attività Produttive della Camera dei Deputati un’analisi approfondita sulle prospettive del nucleare in Italia. L’intervento ha messo in evidenza le criticità del piano governativo per il ritorno dell’energia nucleare, con un focus particolare sulle problematiche economiche, tecnologiche e geopolitiche.


Il Contesto: Un’Italia alla ricerca della sicurezza energetica

L’attuale dibattito sul nucleare nasce dalla volontà del governo di diversificare le fonti di approvvigionamento energetico, ridurre la dipendenza dall’estero e garantire una produzione stabile di energia a basse emissioni. In particolare, il Disegno di Legge sul “Nucleare Sostenibile” propone di investire in piccoli reattori modulari (SMR) e, nel lungo termine, nella fusione nucleare. Tuttavia, come sottolineato da Armaroli, queste tecnologie non esistono ancora su scala commerciale e presentano numerose incognite.


I punti chiave della presentazione

1. Non c’è stato un “Rinascimento Nucleare”

Nel 1996, il nucleare rappresentava il 17,2% della produzione elettrica mondiale; oggi questa quota è scesa al 9,2%. In Europa, la Francia – storicamente il paese più dipendente dal nucleare – sta affrontando una spirale di costi e ritardi nelle nuove installazioni, mentre la Cina e la Russia dominano il mercato dei nuovi reattori.

2. L’Italia non possiede né il combustibile né le tecnologie nucleari

Secondo Armaroli, l’Italia si troverebbe a dipendere da fornitori esteri per la tecnologia e il combustibile nucleare, in particolare Russia e Cina, che attualmente dominano il settore. Inoltre, l’uranio – necessario per alimentare i reattori – ha visto un aumento del prezzo del 137% tra il 2021 e il 2025, rendendo l’energia nucleare sempre meno competitiva.

3. Il problema della localizzazione

Uno dei principali ostacoli al ritorno del nucleare in Italia è la scelta dei siti idonei. Il 95% del territorio nazionale è a rischio idrogeologico, sismico o paesaggistico, rendendo difficile la costruzione di nuove centrali senza impatti significativi sulla sicurezza e sull’ambiente.

4. Il confronto con le rinnovabili: una sfida persa in partenza?

Nel 2024, per ogni nuova unità di energia nucleare immessa in rete a livello globale, sono stati immessi 60 unità di energia da fonti rinnovabili come il solare e l’eolico. Il costo delle rinnovabili continua a diminuire, mentre il nucleare è caratterizzato da costi elevati e tempi di realizzazione molto lunghi. Entro il 2040, l’Italia dovrebbe avere oltre 200 GW di capacità rinnovabile installata, rendendo economicamente insostenibile il funzionamento di reattori nucleari che non potrebbero operare a pieno regime per gran parte dell’anno.

5. Un investimento rischioso e incerto

Il piano del governo prevede di installare 120 piccoli reattori modulari (SMR) per una capacità complessiva di 12 GW. Tuttavia, come evidenziato nella presentazione, queste tecnologie non sono ancora mature e non esiste un quadro normativo chiaro per la loro implementazione. Investire oggi nel nucleare significa scommettere su una tecnologia che potrebbe non essere mai competitiva rispetto alle alternative già consolidate.


Conclusioni: Quale futuro per l’Italia?

L’analisi di Nicola Armaroli suggerisce che il ritorno al nucleare in Italia sia una strada irta di ostacoli e incognite. Mentre le energie rinnovabili continuano a crescere e a diventare più accessibili, l’investimento in una tecnologia costosa e ancora in fase di sviluppo potrebbe rivelarsi un passo falso. La transizione energetica è già in atto, ma il futuro sembra essere sempre più orientato verso le rinnovabili, l’accumulo energetico e le reti intelligenti, piuttosto che verso un nucleare incerto e difficile da realizzare.

L’Italia si trova di fronte a una scelta cruciale: inseguire un sogno nucleare dai contorni sfumati o accelerare la decarbonizzazione puntando su soluzioni già disponibili e sostenibili. La strada da percorrere è ancora aperta, ma i dati suggeriscono che il nucleare potrebbe non essere la risposta che stiamo cercando.

📌 Per chi desidera approfondire l’argomento, di seguito trovate le slide utilizzate da Nicola Armaroli durante la presentazione. 📌

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